Nel corso degli anni, diversi risultati di studi epidemiologici suggerivano come la vitamina D avesse un ruolo protettivo contro i tumori.
Indagini più recenti invece non hanno però confermato tale effetto.
Un esempio fu lo studio europeo EPIC, secondo il quale la popolazione con livelli ematici più alti di vitamina D correvano un rischio di cancro al colon inferiore del 40 per cento rispetto a chi ne era carente.
Questi risultati, ottenuti in laboratorio, non hanno però trovato una piena conferma nella pratica clinica.
Secondo quanto emerso da diverse ricerche, come la Women’s Health Initiative, l’assunzione di supplementi a base di vitamina D non ha conferito alcun effetto protettivo neppure su un campione di oltre 35000 donne statunitensi seguite in sette anni di studi.
Tra l’altro non è stata osservata né una riduzione della mortalità né della probabilità di sviluppare un tumore tra chi ha seguito una cura con supplementi di vitamina D rispetto a chi non assumeva alcun tipo di integrazione.
Si può quindi affermare che alti livelli ematici di vitamina D non siano direttamente responsabili del minor rischio di sviluppare un tumore.
Tuttavia l’attenzione all’integrazione della vitamina può rispecchiare abitudini di vita più sane da parte della popolazione interessata.
Abitudini, quelle sì, a cui va attribuito il merito di proteggere gli individui dal cancro.




